Puntozero- ScriVIAMOci di Libertà

Lisa Mazoni –

Presidente Associazione Puntozero, partner AMI per il progetto Khoròs

In forma di frenetici post, messaggi, chiamate, video chiamate, call si condivide la quotidianità stravolta. Vista e udito definiscono la relazione bidimensionale della connessione internet. Ci si veste a metà dal busto in su, le gambe e i piedi sono a casa, il busto e la faccia in società. In carcere tutto è più complesso, gli accessi sono limitati agli agenti di polizia penitenziaria, al personale medico e ad alcuni educatori. Il tempo si è fermato e le emozioni stagnano per giorni in parole scritte su una lettera di carta. Ora che sto vivendo la quarantena nella mia casa con i miei cari, mi rendo conto di quanto la detenzione rischi di perdere il suo valore correttivo e ridursi ad una sterile forma coercitiva. Lavoriamo da venticinque anni nell’Istituto Penale per i minorenni Cesare Beccaria di Milano. Dal 23 febbraio scorso mandiamo ai ragazzi delle lettere o dei messaggi video. Speriamo che a breve vengano autorizzate le telefonate, o meglio delle video chiamate, per lavorare, studiare o semplicemente per salutarsi e sostenersi a vicenda. Intanto la nostra compagnia teatrale fa riunioni su Skype, chi non è recluso, ovviamente. Oltre a confrontarci con la Direzione dell’Istituto Penale per cercare soluzioni per i ragazzi detenuti, portiamo avanti il nostro lavoro di teatranti. In particolare stiamo elaborando la parte teorica di Khòros, il nostro training psicofisico. Questo tempo sospeso ci permette di approfondire, studiare e confrontarci. In genere lo facciamo in azione con i nostri corpi/mente, ma anche se ora il corpo è negato danziamo con la mente. La Fondazione Alta Mane Italia ha creduto in questo progetto concedendoci un ulteriore finanziamento, ha creduto nella propulsiva e fondante forza della ricerca. Pensato come momento di riscaldamento e presa di coscienza di sé e dell’altro, Khòros sviluppa una sua intrinseca bellezza, che all’occhio dello spettatore si trasforma in una danza corale, rituale e liberatoria. Lontani, privati della coralità dei nostri corpi leggiamo i diari degli attori e riguardiamo i video di tutte le sessioni di lavoro che si sono tenute nei mesi precedenti, studiamo, condividiamo link, prendiamo contatti e ipotizziamo calendari, facciamo due chiacchiere e… ridiamo. Si perché ridere è un altro modo di muovere il corpo di dargli energia e fiducia. Ridere esorcizza le nostre paure, anche quelle che nessuno di noi confessa o nasconde dietro la maschera sicura e spavalda di chi non teme niente.

Contribuiamo con entusiasmo al blog di Alta Mane Italia, incoraggiati dalle parole del poeta Publio Ovidio Nasone, da cui prende nome la Fondazione e che ora sentiamo particolarmente significative supraque tuos exurge dolores. infragilemque animum, quod potes, usque tene. Resta in alto sollevati sopra i tuoi dolori e sostieni il tuo debole animo finché puoi.”

…e così rispondiamo a questa esortazione lanciando quello che impropriamente abbiamo chiamato contest letterario (o video) #ScriVIAMOci di libertà.

Impropriamente perché non è una gara, ma un desiderio di ascoltare cosa gli altri hanno da dirci. L’idea è partita da questa lettera che Letizia Travagliano, una tirocinante che è entrata in compagnia a novembre 2019, ha mandato a tutti noi e che vale la pena leggere tutta fino in fondo:

“Quando ero piccola c’erano due cose che attendevo con molta trepidazione: la neve e l’estate. Si, perché entrambe facevano chiudere la scuola. Nei mesi invernali mi capitava spesso di sperare che nevicasse il giorno prima di una verifica o di un’interrogazione. Invece, i miei professori sono sempre stati piuttosto fortunati e, in tredici anni di scuola, in classe mia non é mai successo che una prova fosse posticipata causa neve; o forse la neve stava diventando un evento troppo raro. Sono sempre stata abituata a pensare che fosse praticamente impossibile che la scuola chiudesse, e se ciò fosse accaduto sarebbe stato per massimo un giorno e poi ogni cosa avrebbe ripreso il suo corso. Invece, questa volta io sono un po’ cresciuta, ormai, non vado più a scuola; ma all’università e non mi hanno posticipato nessuna verifica e/o interrogazione, ma cancellato tre esami parziali. Voi penserete che forse ho recuperato tutte le volte in cui al liceo speravo che nevicasse e invece non nevicava mai. Si, forse si, ma questa volta non era quello che avrei desiderato. Questa chiusura, non di un giorno, non di una settimana, ma di sei, sta creando delle voragini incolmabili nelle nostre quotidianità. Le nostre vite sono state completamente interrotte tutto d’un tratto e questo ci intimorisce molto. Si, ci intimorisce che improvvisamente siamo tutti a casa, non si lavora più, non si va più in università e non si esce più, nemmeno nel weekend. Ieri un’amica mi ha scritto “sono in carcere praticamente” e ha richiamato alla mia mente i ragazzi che ho conosciuto al Cesare Beccaria e le loro canzoni nelle quali con parole molto commuoventi e toccanti danno voce alle loro emozioni… forse, dopo questo terribile periodo, qualcosa cambierà..si, forse riusciremo tutti a capire un pochino meglio quei ragazzi, ai quali è stata tolta la possibilità di qualsiasi contatto e si trovano soli chiusi in una cella. Forse ci domanderemo se è davvero il modo giusto per scontare una pena. Forse quando saluteremo un amico/a con un bacio gli daremo più valore, forse comprenderemo meglio l’importanza del calore di un abbraccio e di quanto esso sia indispensabile per noi esseri umani. Per noi che siamo umani, con le nostre fragilità, con i nostri errori e con la nostra incoscienza che ci ha portato ad uscire fino alla sera prima che ci venisse impedito da un severo decreto legislativo.”   

Proprio quella frase “sono in carcere praticamente” e la riflessione che ne fa seguire Letizia ha fatto nascere in noi la voglia di sentire cosa si prova noi tutti in questa reclusione coatta da virus. Non per tracciare inutili e sterili parallelismi ma per sviluppare un sentimento empatico nei confronti di chi è doppiamente recluso. Come dice Letizia forse passato questo brutto momento tutti noi penseremo in modo diverso il carcere. Sono negli occhi di tutti le immagini dei detenuti che in questi giorni hanno protestato sui tetti delle carceri. L’hanno fatto in modo scomposto, violento e nessuno giustifica questa follia, ma chiediamo a noi e a tutti come ci si deve sentire chiusi in pochi metri quadrati a respirare la stessa aria.

Chissà cosa raccoglieremo, chissà cosa ne faremo degli scritti o video di coloro che vogliono condividere i loro pensieri, forse ne nascerà uno spettacolo o forse rimarranno lì sui social a imperitura memoria di questo momento. Chissà, quello che è certo e che vogliamo ascoltare gli altri per capirci e per non sentirci soli nelle paure.

#iorestoacasa #andràtuttobene #scriviamocidilibertà

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